Il lutto e la morte: imparare a conoscere ciò che è “oscuro”

Vi proponiamo una lettura molto interessante che mancava al nostro ciclo di articoli sul lutto. E’ preso dal sito Istituto Beck  l’articolo originale si trova a questo indirizzo.

Nella vita spesso si vivono vari momenti di impotenza, che inducono stati di sofferenza e disagio. Quando ci si confronta in particolare con il lutto e la morte, tutto diventa più difficile da affrontare e spesso da superare e capire.

Ecco perché è importante sapere cosa ci si deve aspettare quando si viene travolti dalla morte, una cosa più forte di noi, che arriva improvvisamente e che invade i nostri pensieri ricolmandoli di paura e sofferenza.

La morte

La morte è la fine dell’esistenza corporea e può arrivare nelle nostre vite attraverso la perdita di persone per noi importanti, attraverso una diagnosi infausta che riguarda noi o altri oppure, più semplicemente, condizionarci con la paura di morire o che altri muoiano.

Quando si verifica la morte di una figura significativa (un genitore, un figlio, un fratello, un amico particolarmente caro), l’assenza fisica crea una intensa sensazione di mancanza e una acuta sofferenza sia psicologica che fisica, che si può esprimere con la chiusura psichica, accompagnata dal disperato desiderio di non andare più avanti, di non vivere più senza colui/colei che era così importante da rappresentare non solo un affetto, ma anche un punto di riferimento e di appoggio. La morte di un figlio in particolare porta con sè tale e tanto dolore da travolgere la coppia genitoriale fino a portarla, per l’emersione di vissuti negativi e di reciproca colpevolizzazione, alla rottura.

In generale di fronte alla morte dobbiamo confrontarci con qualcosa di troppo grande e sul quale non abbiamo nessun potere e alcuna possibilità di agire. Nei nostri pensieri si affacciano dubbi, incertezze, ansie; le condizioni iniziali subiscono cambiamenti e dobbiamo riorganizzare la nostra vita pieni di timore.

Anche il rischio legato alla morte, dovuta a malattia o diagnosi grave, induce alla paura, sia per chi vive la malattia in prima persona, sia per i familiari e gli amici vicini.

Se ad ammalarsi è un genitore giovane, questi avrà paura di lasciare i figli prima che siano autonomi. I familiari dei malati, possono vivere l’attesa della morte del loro caro in mille modi diversi e la sofferenza è vissuta in modo intimo e soggettivo, ma tutti vivranno l’intensa paura di essere abbandonati da chi amano.

Anche la sola paura di morire o il solo pensare alla morte, crea una condizione di crisi, di paure, di condizionamenti. Può accadere infatti che una persona ansiosa pensi alla morte con estrema frequenza e che interpreti ogni comportamento o situazione di rischio come potenzialmente fatale sperimentando altra paura; un esempio è il ritardo di una telefonata che si attende, che può generare un pensiero negativo catastrofico del tipo: “E’ successo sicuramente qualcosa di grave, un incidente!” Questo pensiero, crea una reazione a livello emotivo di paura, angoscia, tristezza ed un comportamento successivo di disperazione e pianto.

Eppure non tutti affrontano la morte delle persone care, la malattia o la paura della morte allo stesso modo.

La cultura, la religione, possono incidere sul concetto stesso di morte. In alcune culture si crede nella reincarnazione (il rinascere sotto altre forme o persone) oppure nella vita ultraterrena (dopo il trapasso vi è la risurrezione dell’anima); in altre ancora la morte viene considerata come una “festa” a vita nuova.

Anche il tipo di educazione, le esperienze infantili, la storia di vita, il temperamento, la personalità possono influenzare il modo con il quale ci rapportiamo alla morte, in tutti i suoi aspetti.

Il semplice esprimere le proprie paure dopo un accadimento così tragico può fare la differenza in un percorso di fronteggiamento: può rendere più forti e liberare dalle inquietudini, dalle ansie e dalle paure che possono rischiare di danneggiare le altre relazioni o compromettere la possibilità di instaurarne di nuove.


Il lutto

Il lutto è una condizione sia successiva che anticipatoria alla perdita di una persona cara. Il lutto non è necessariamente legato alla morte. Anche la rottura di una relazione amorosa, può provocare sentimenti simili di abbandono e perdita (esiste infatti il “lutto” nella separazione coniugale), così come può verificarsi un lutto legato ad una perdita lavorativa che può creare sentimenti e pensieri di tipo depressivo e ansiogeno, tipo: “Come posso mantenere la mia famiglia? Che uomo posso essere per mia moglie? Che esempio sarò per i miei figli?”

Il lutto anticipatorio si può vivere in una situazione di grave malattia, con rischio per se stessi o per una persona cara o conoscente. La paura della perdita ancora prima che avvenga, rende l’attesa maggiormente difficile. E’ quello che accade nella realtà della malattia oncologica, dove la diagnosi di tumore o nei casi gravi di condizione metastatica (la presenza di altre zone del corpo invase dalle cellule tumorali) rende concreto il rischio di morte e quindi del lutto successivo.

Va però sottolineato che il lutto legato alla perdita è una reazione normale e inevitabile, che ha una sua evoluzione divisa in fasi.

  • La prima fase può essere definita di stordimento e confusione mista a incredulità.
  • La seconda fase è caratterizzata dalla rabbia e dalla ricerca della persona cara.
  • La terza fase è quella della disperazione.
  • Infine per naturale sopravvivenza si attraversa l’ultima fase che è quella dell’accettazione della perdita.

Alcune persone possono sviluppare dei disturbi che complicano il lutto stesso:

Possono presentarsi in modo invasivo, sentimenti e pensieri di tipo depressivo, come interessi ridotti, poca cura verso se stessi e gli altri, difficoltà lavorativa e nelle relazioni, disturbi del sonno, scarso appetito oppure reazioni opposte di tipo reattivo come interessarsi a tutto, esagerando, pur di non fermarsi a pensare.

Vi possono essere disturbi legati a idee fisse, pensieri intrusivi e ricorrenti (tipo ossessioni) che si ripetono in continuazione, legati alla paura della morte per se stessi o per gli altri; es. paure di incidenti, viaggi, spostamenti vari, malattie.

Manifestazioni come quelle descritte si possono presentare anche dopo sei mesi dalla perdita, configurando un vero e proprio Disturbo post- traumatico da stress.

Ci possono essere anche somatizzazioni (risposte dell’organismo) tipo: mal di testa frequenti, gastriti, difficoltà nella digestione, malattie della pelle di natura puramente psicologica e non medica, frequenti febbri o raffreddori, perché il sistema immunitario (che ci protegge) viene come bombardato dallo stress, dalle paure e dalle ansie.

Nelle malattie possono insorgere paure legate all’ospedale, alle terapie farmacologiche, alle visite, a luoghi o figure specifiche, a tutto quello che è legato alla malattia o alla morte.

Tutti questi disturbi peggiorando lo stato psicologico di chi vive già la sofferenza del lutto. Per poterli superare è importante porre attenzione a ciò che viene vissuto direttamente o a ciò che viene fatto notare dalle persone che ci sono accanto e rivolgersi ad un terapeuta per poter ricevere l’aiuto necessario in un momento così difficile.


La Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale per affrontare e superare il lutto e la paura della morte.

La psicoterapia cognitivo-comportamentale può aiutare ad affrontare e superare le difficoltà che si vivono dopo una morte e ad elaborare il lutto analizzando, insieme al terapeuta, tutto ciò che è accaduto e com’è stato vissuto.

In particolare nella terapia si pone particolare attenzione a quel meccanismo di difesa per cui il ricordo di una persona che non c’è più viene rimosso, perchè fa troppo male. Questo crea nel tempo l’accumulo di altra sofferenza. Diventa allora importante rapportarsi con una figura specialistica, che aiuta, indicando la strada più corretta, a trovare un modo meno doloroso di pensare al defunto per poterne recuperare il legame in un modo nuovo, tutto interiore.

La terapia serve anche a chi sopravvive ad affrontare il senso dell’abbandono e la tendenza a colpevolizzare chi ci ha lasciati, trovando contemporaneamente la possibilità di esprimere la sofferenza e di tirare fuori le proprie emozioni.

Chi ci ha amato, continuerà a farlo nel nostro cuore, sempre se lo rendiamo un “ambiente” ospitale. Per questo la psicoterapia può fare tanto. Occorre avere fiducia.

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